Piccio
Non sapevo si chiamasse così. Ma il nome rende. Venerdì sera in macchina eravamo in 4, domenica al rientro in 5: i 4 dell'andata più il "piccio". Il "piccio" è quello stato di insofferenza, malinconia che ti prende di solito la domenica. Dopo un bel we, dopo che non hai pensato alle cose che fai di solito, dopo che eri in mezzo al golfo di Trieste con altre 1749 barche e 40 nodi, dopo che hai dormito in un letto decente che non ti ricordavi come era fatto e poi sei tornata nelle cuccette della barca, dopo che hai avuto un accenno di coppia, dopo che sei salita su uno Sciarelli, su un Mumm e su una barca d'appoggio di un fantastico Swan, dopo che hai festeggiato con un equipaggio sconosciuto e hai passato un pomeriggio a bluetoothare, dopo che hai ricevuto una chiamata (cui non hai risposto) dal passato, dopo che hai scoperto che sarai in mezzo a onde di sei metri su una barca piccola. Bene, dopo tutto questo arriva lui. Ma non ti destabilizza. Tra 10 giorni parti. Stacchi, te ne vai. Anche se stamattina ti dicono che Zurigo è fatta ma tu no, non vuoi più e sai che non l'hai mai voluto. Ormai nel tuo cuore hai deciso di andare a Strasburgo e in giro per il mondo, a vivere a conoscere forse a cercare di fermarti di rallentare. E allora il "piccio" lo lasci indietro. Non hai nemmeno il tempo di pensare che c'è. In questo momento della tua vita non ti appartiene non c'é spazio per lui. Forse nemmeno tanto per te. Ma la corsa continua e non ci si può fermare.